Marco Garofalo, il fotografo che ha immortalato l’energia dell’Africa.
Hai mai guardato una fotografia satellitare scattata di notte in Africa? Vedrai solo buio totale, fatta eccezione per qualche punto luce in corrispondenza delle principali città.
Eppure l’energia è importante per uscire dalla povertà e raggiungere i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 stilata dalle Nazioni Unite(1): senza corrente elettrica i giovani non possono studiare oltre il tramonto, mentre le donne, costrette a spendere buona parte della loro giornata nella raccolta di legna per accendere il fuoco, non possono emanciparsi.
L’energia in Africa è il tema principale degli scatti di Marco Garofalo, fotoreporter che si è dovuto scontrare con una realtà in cui l’elettricità non è data per scontata.
Marco, com’è nata l’idea di concentrarti sul tema dell’energia in Africa?
Era già da un po’ di tempo che desideravo fare un reportage sul tema dell’energia ma non sapevo come declinarlo, cercavo qualcosa che potesse permettermi di parlare di produzione energetica, ma anche di ambiente, qualcosa in cui ci fosse la presenza di tecnologia ma anche di tradizione. L’associazione WAME (2), attraverso dei finanziamenti della fondazione Cariplo, mi ha permesso di realizzare questo desiderio. Assieme a Matteo Leonardi, esperto di materia energetica, abbiamo scritto il progetto e cominciato a viaggiare nei Paesi dove vive ancora quel miliardo di persone che nel mondo non ha ancora accesso all’energia, in particolare quella elettrica.
Se dovessi scegliere due foto su tutte, quella che più ti ha scaldato il cuore e quella che ti ha fatto accendere una riflessione, quali sarebbero?
La foto alla quale sono in qualche maniera più affezionato perché riflette e riassume tutti i temi che mi sono posto nel realizzare questo reportage, è quella del pastore Masai sul tetto della propria abitazione intento a montare un pannello solare mentre la sua famiglia lo osserva in trepida attesa.
Vedere come un membro di una delle culture più antiche del mondo risolve il problema dell’accesso alla corrente elettrica è stato molto emozionante e istruttivo: vivere limitando all’estremo i propri consumi si può fare. Noi occidentali siamo pieni di dispositivi di cui forse non abbiamo cosi bisogno.
La foto che più mi ha acceso una discussione è costituita da un dittico di fotografie che hanno la stessa composizione: una donna al centro, di spalle, mentre cammina sostenendo un fardello sulla testa.
Una donna porta una bacinella di acqua raccolta nella foresta a un’ora di distanza dal suo villaggio. | |
Una donna porta cibo e bibite ai lavoratori di Agbogbloshie, la più grande discarica di rifiuti elettronici del mondo. |
Le due foto accostate ci narrano la storia di due donne, figure portanti della cultura africana, che sopravvivono ogni giorno tra i problemi dovuti al cambiamento climatico la prima, e i limiti dell’energia moderna la seconda.
Durante il tuo viaggio avrai dovuto ricaricare almeno la macchina fotografica e il cellulare. Che soluzioni hai trovato per rispondere alla scarsità, se non all’assenza, di corrente elettrica?
Per la prima volta dopo tanti anni di viaggi in Africa mi sono dovuto confrontare in maniera cosi profonda e lucida con la ‘povertà di energia’. La sera, finito di lavorare, la domanda più frequente era: cosa carico stanotte? Il telefono, il computer o le batterie della macchina fotografica? Per decidere ho creato una sorta di mio personale decalogo semi-serio:
- Non stare continuamente con il telefono in mano a controllare anche il meteo a Milano mentre sei ad Arusha. Usa il telefono solo per il motivo per cui è stato inventato: per comunicare. Come fanno i Masai.
- Decidere come utilizzare la poca energia a disposizione: caricare le batterie della macchina fotografica? O caricare i telefonini per assicurarsi di poter comunicare ai propri cari la propria posizione e quella che assicura la propria sopravvivenza e dei capi di bestiame, cioè come fanno i Masai?
- Andare dal parrucchiere tutti i giorni con la scusa di tagliarsi i capelli per caricare le proprie batterie collegandole alle prese del negozio… Ma questo lo puoi fare fino a quando hai capelli da tagliare…
- Condividi. Sii sempre pronto a cedere un po’ della tua energia e a riceverne dagli altri quando meno te lo aspetti.
- Non ti lamentare perché non c’è energia. L’energia è ovunque. Rifletti sul tuo fabbisogno e prendi delle decisioni prima che la natura faccia il suo corso e decida per te.
Produrre con meno o meglio alla fine è un po’ quello che ho fatto. Ho prodotto meno fotografie, con meno energia elettrica a disposizione, recuperando però un po’ più di energia interiore.
Dalle tue foto emerge un doppio aspetto dell’energia: quella materiale, di cui l’Africa è povera, e una immateriale, che è la fonte inesauribile del Continente. Vorresti parlarcene?
Non ho cercato rappresentazioni didascaliche di energia, non mi interessava fotografare impianti solari o idroelettrici, ho cercato piuttosto di rappresentare il significato più profondo e intimo dell’uso dell’energia e le similitudini delle persone a qualsiasi latitudine del mondo. Gli ‘energy portraits’ tendono a rappresentare proprio questo tema.
Non è facile riconoscere l’energia e fotografarla eppure è ovunque intorno a noi ma anche dentro di noi. Quando ho incontrato e fotografato i ragazzi della scuola di Teerat (e ho prodotto la serie ‘the light inside’) non mi ha stupito il fatto che gli studenti del turno serale fossero sempre al buio perché poche scuole sono collegate alla rete nazionale Tanesco; questa cosa succede in quasi tutta l’Africa dove le classi di 50 studenti si alternano in 3 turni al giorno. Mi ha piuttosto colpito il fatto che le torce per illuminare i libri fossero condivise: gli studenti avevano formato piccoli gruppi per sfruttare al massimo la luce delle torce, una alla volta per illuminare 4 o 5 libri. Strategia di risparmio energetico…
Alla fine della loro lezione, da occidentale retorico quale sono, ho fatto loro i complimenti, al limite della commozione, cercando di dimostrare quanta più luce avessero dentro di loro che fuori, ma dal loro sguardo ho capito che avrebbero preferito dei bei neon potenti per illuminare la classe alle mie belle parole…
Qual è il tuo prossimo progetto?
Devo ancora concludere questo progetto in verità; dopo il capitolo africano abbiamo già fatto un viaggio in Bolivia e a breve partiremo per l’India, altro grande Paese con grandi contrasti ed esempi di accesso energetico che passano da un estremo all’altro, dai grandi consumi delle metropoli alla totale assenza nelle aree rurali più periferiche.
Mi sono molto appassionato in questo ultimo anno e mezzo ai temi energetici e ambientali, credo che anche quando l’anno prossimo chiuderemo questo progetto in un libro, non smetterò di lavorarci, anzi trovo necessario continuare a porre attenzione su energia e ambiente in questo periodo così difficile e faticoso per il nostro pianeta.
Ringraziamo Marco Garofalo per averci gentilmente concesso l’uso delle immagini.