Cos’è l’adattamento climatico: intervista a Elisabeth Graf.
La missione di Elisabeth Graf è rendere la “climate adaptation” accessibile alle persone.
Per questo abbiamo pensato che fosse la persona giusta per spiegarci cos’è, la climate adaptation.
Dottoressa Graf, cos’è l’adattamento climatico?
Mi piace spiegarlo usando un’analogia: siamo su una barca e ci imbattiamo contro uno scoglio. Si crea un buco e ovviamente la prima cosa da fare è trovare un modo per tapparlo per impedire che la barca affondi. Questa strategia si chiama mitigazione, e si occupa della causa del problema.
Una volta che abbiamo tappato quel buco, però, dobbiamo trovare qualcosa anche per togliere l’acqua dalla barca; questo è l’adattamento, che agisce sulle conseguenze del problema.
Se riportiamo la metafora all’interno della crisi climatica, tutte le iniziative che hanno come obiettivo, per esempio, ridurre le emissioni di CO2 nell’atmosfera sono legate alla mitigazione, mentre le misure legate alla gestione delle conseguenze del cambiamento climatico, come la siccità, sono legate all’adattamento al clima.
Se ne è parlato poco finora perché c’è un limite, e cioè che non possiamo adattarci all’infinito, e la prima cosa da fare è risolvere la radice del problema. Inoltre noi occidentali viviamo prevalentemente nei Paesi che sono stati “mietitori” per tanto tempo, per cui per noi la priorità è ridurre le emissioni, mentre per quei Paesi che non hanno contribuito troppo alla crisi danno precedenza all’adattamento.
Tuttavia anche in Italia siamo arrivati a un punto per cui non è più possibile adottare una sola strategia, ma dovremo usarle entrambe.
Come cambierebbe il nostro stile di vita secondo l’adattamento climatico?
Tanti aspetti della nostra quotidianità saranno sempre meno prevedibili. Il cambiamento climatico è solo uno dei problemi che stiamo vivendo in un’era di discontinuità che coinvolge diversi fattori. Per esempio, dovremo capire qual è il rischio delle case esposte a eventi estremi o il rischio per le nostre finanze. Una delle cose che dovremo fare è avere un cuscinetto finanziario d’emergenza per far fronte a tutte queste discontinuità.
Aumenterà il nostro senso di appartenenza alla comunità, per aiutarci a vicenda quando le cose si faranno più difficili. Sarà importante il nostro benessere mentale e la gestione delle emozioni per affrontare l’alto grado di incertezza. Il mondo che abbiamo conosciuto finora non esisterà più così com’è e dobbiamo elaborare questo “lutto”. La difficoltà sarà mantenere speranza e ottimismo. All’inizio si negava il cambiamento climatico, ma ora stiamo andando all’altro estremo e c’è il rischio di diventare fatalisti, perché è più facile immaginare lo scenario peggiore che gli scenari alternativi.
Sono giunta alla conclusione che le cose sono peggio di quanto riconosciamo, ma meglio di quanto immaginiamo.
Non riconosciamo quanto siano gravi i problemi ambientali e climatici, ma non pensiamo nemmeno a quanto potrebbero essere belle le alternative.
Io credo che ci siano altre possibilità, e cioè che con meno possiamo stare meglio. Dobbiamo ritrovare il valore delle piccole cose; occuparmi di questo tema mi ha reso grata anche di una doccia calda o di avere un tetto sulla testa.
“Adattarsi” equivale ad accettare il fatto che ormai non si può più tornare indietro sulla questione climatica?
Ci sono una serie di iniziative dove possiamo sia mitigare che adattare. Pensiamo alle città spugna, che devono avere più alberi e verde per assorbire le “bombe d’acqua”, o all’economia circolare in cui usiamo gli scarti per creare nuove risorse.
Adattarsi non significa che è troppo tardi, anzi, più presto investiamo in prevenzione, più risparmieremo in futuro.
C’insegni che le nostre politiche sono attualmente di “mitigazione”, più che di “adattamento”: qual è la differenza?
Pensiamo al concreto, come le nostre finanze; se faccio mitigazione, investo in fondi che hanno alcuni criteri di sostenibilità, se invece voglio fare adattamento mi occupo di avere un fondo emergenza.
Oppure, se si tratta della propria abitazione, mitigo cambiando gli infissi e migliorandone l’efficienza energetica, mentre per l’adattamento non comprerei casa al piano terra o all’ultimo piano perché sono i più esposti agli eventi atmosferici estremi.
Che consigli daresti a chi ci legge per prepararsi al futuro?
Una delle prime cose, forse la meno scontata, è lavorare sulle nostre emozioni, nel senso di prendersi del tempo per riconoscere l’effetto che questo cambiamento ha su di noi, perché spesso tendiamo a far finta di niente e preferiamo non pensarci. Questo comportamento, un po’ da struzzo, non ci dà la possibilità di agire.
Se sappiamo che il mondo diventerà sempre più imprevedibile, perché non investire nel diventare sempre più resilienti?