Intervista a Italian Climate Network
Nata nel 2011 come Onlus per l’empowerment giovanile, Italian Climate Network è impegnata sul fronte ambientale e – come suggerisce il nome – climatico attraverso attività di educazione, divulgazione e advocacy.
In che modo l’empowerment giovanile è legato al clima?
I cambiamenti climatici, di cui già oggi vediamo conseguenze serie e tangibili, faranno sentire maggiormente i propri impatti nei decenni a venire, soprattutto se la comunità internazionale non dovesse riuscire a contenere l’aumento delle temperature medie globali entro +1,5 °Crispetto all’era preindustriale. È quindi un problema che, pur riguardando tutti, interessa in particolarmodo le generazioni più giovani: per questo motivo la sua (ri)soluzione non può che vedere gli stessi giovani in prima linea.
Noi abbiamo sempre creduto fortemente in questo. Fin dalla nostra nascita ci siamo caratterizzati come un’associazione dalla spiccata componente giovanile e particolarmente attenta alla questione della cosiddetta equità intergenerazionale, vale a dire il principio secondo cui il pianeta debba essere consegnato alle generazioni future in condizioni non peggiori rispetto a quelle di cui possono beneficiare le generazioni attuali.
Crediamo molto nel potere dei giovani come agenti di cambiamento, e abbiamo quindi accolto con grande soddisfazione la nascita degli imponenti movimenti giovanili per il clima diffusisi in tutto il mondo negli anni recenti. Sono il segnale più rappresentativo del fatto che i giovani si sentono responsabili e protagonisti nell’affrontare questa sfida epocale.
Perché un’associazione la cui missione principale è combattere il cambiamento climatico si occupa anche dei diritti delle donne?
Il legame tra diritti umani e cambiamenti climatici può non sembrare immediato, ma è fondamentale per comprendere la complessità di questo fenomeno e trovare soluzioni efficaci per contrastarlo. Nelle società di tutto il mondo ci sono diversi livelli di riconoscimento e realizzazione dei diritti umani. Se a questo aggiungiamo la pressione di pratiche culturali discriminatorie verso determinati gruppi, come ad esempio proprio le donne, possiamo facilmente capire come non tutti abbiamo le stesse tutele e opportunità. I cambiamenti climatici molto spesso esacerbano queste situazioni di vulnerabilità, rendendo ancora più instabili le condizioni di vita di milioni di persone nel mondo.
Integrare i principi dei diritti umani all’interno delle politiche e strategie di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici è fondamentale per assicurarsi che non venga lasciato indietro chi meno ha contribuito alla creazione del problema, ovvero i Paesi meno industrializzati. Prendere in considerazione le responsabilità storiche differenziate e tutelare quelle fasce di popolazione che sono a tutt’oggi discriminate è la chiave per la realizzazione della giustizia climatica, un principio che intende cambiare l’attuale concezione di sviluppo e assicurare un equo processo di transizione verso l’utilizzo di fonti di energia rinnovabile e modelli di produzione sostenibile.
Da dove si parte per fermare una cosa di proporzioni così “disumane” come il cambiamento climatico?
Anche se potrebbe suonare scontata, la risposta non può che essere: dal proprio piccolo. È fondamentale che la scala di questo problema non causi un senso di impotenza nelle persone, che non porti a pensare che la partita è già persa in partenza perché così non è: abbiamo ancora davanti a noi alcuni preziosissimi anni per invertire la rotta, e ognuno di noi può (e deve!) dare il suo contributo.
Un primo passo sta nella modifica delle proprie abitudini di tutti i giorni e dei comportamenti di consumo, dai trasporti, all’alimentazione, al vestiario, all’utilizzo dell’energia. I “classici” esempi come ridurre il ricorso alle auto private, o acquistare il più possibile prodotti di stagione e a km 0, rappresentano delle possibilità concrete di agire per un futuro sostenibile.
Al contempo, va sottolineato come un problema di tale portata non possa che venire affrontato tramite scelte politiche di ampio respiro, coraggiose e tempestive. La responsabilità di una profonda decarbonizzazione dell’economia e delle società attuali non può passare unicamente tramite il cambiamento degli stili di vita e di consumo a livello individuale, ma al contrario richiede soprattutto una forte azione politica internazionale, nazionale e locale. Ognuno di noi può fare la propria parte nel sostenere questo processo come cittadino attivo. Partecipare a una manifestazione o firmare una petizione in favore del clima, chiedere alla propria banca di smettere di finanziare progetti di estrazione dei combustibili fossili, sostenere e promuovere politiche virtuose a livello locale: le possibilità sono davvero tante.
È importante ricordarsi sempre che non si tratta (solo) di un problema da orsi polari, per riprendere uno slogan che abbiamo utilizzato anni fa in un nostro video di sensibilizzazione. La crisi climatica si relaziona con e va a impattare su tutte le sfere economiche e sociali, dall’agricoltura alla salute, dai diritti umani alla disponibilità di una risorsa essenziale come l’acqua. Riguarda insomma il vivere quotidiano di tutti noi, presente e futuro.
Qual è stato il progetto che vi ha reso più fieri?
La nostra attenzione verso i più giovani si è declinata fin dall’inizio anche in un’attenzione particolare alla formazione riguardo ai cambiamenti climatici. Siamo stati tra le primissime realtà in Italia ad andare nelle scuole in maniera strutturata per parlare di clima e delle tematiche ad esso collegate. Grazie al Progetto Scuola, attivo dal 2013, abbiamo raggiunto oltre 5.000 studenti in tutta Italia, cercando di spiegare ai ragazzi e alle ragazze fenomeni complessi come quelli legati al clima con modalità e linguaggi accessibili ma al tempo stesso rigorosi dal punto di vista scientifico.
Un’altra attività che ci contraddistingue riguarda la presenza ai negoziati internazionali sul clima che si svolgono in seno all’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change). Dal 2011, attraverso l’invio di nostri delegati, partecipiamo come osservatori della società civile agli appuntamenti internazionali (le cosiddette COP e le sessioni negoziali intermedie) che si svolgono tutti gli anni, svolgendo un intenso lavoro di comunicazione, divulgazione e advocacy in rete con la società civile italiana e internazionale. Negli anni il nostro “Bollettino dai negoziati” è diventato un punto di riferimento per gli addetti ai lavori, ma anche per gli appassionati del tema, desiderosi di ricevere aggiornamenti di prima mano rispetto a quanto accade durante questi eventi (le COP in genere durano dai 10 ai 14 giorni) e all’avanzamento del processo negoziale.
Come vedete il futuro?
Possiamo immaginare due scenari.
Il primo è catastrofico. Le emissioni di gas serra non verranno ridotte con la rapidità e profondità necessarie e la temperatura del pianeta continuerà ad aumentare. Il mondo si troverà presto a fare i conti con le peggiori conseguenze di un clima ormai impazzito: scarsità di acqua, cibo e altre risorse naturali, intensificarsi di eventi estremi quali uragani, ondate di calore, siccità, esodo di centinaia di milioni di persone costrette ad abbandonare intere regioni non più ospitali.
Il secondo è più ottimista. Grazie agli sforzi congiunti di istituzioni, società civile, cittadini, settore pubblico e privato le emissioni di gas serra verranno abbattute per tempo, gli impatti già in corso o quelli inevitabili verranno fronteggiati grazie a misure di adattamento efficaci, la transizione ecologica verso un mondo a impronta climatica zero verrà accompagnata da interventi a livello economico e sociale per fare sì che questo processo non generi vincitori e perdenti.
Questo secondo scenario ci piace decisamente di più, ed è l’obiettivo a cui intendiamo contribuire tramite le nostre attività e il nostro lavoro quotidiano.
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