Intervista a Paola Bonifacci: Cos’è il progetto Aladin, a chi si rivolge, qual è lo scopo
È il primo spin-off universitario sociale di Italia. E cioè una cooperativa sociale appena nata e, che in seno all’Università di Bologna, raccoglie il frutto di una esperienza ventennale in ambito socio-educativo nei servizi diretti alla persona e nei rapporti con le istituzioni sul territorio per offrire una rete di supporto a famiglie, istituti scolastici e istituzioni. Il suo nome è «Aladin» come il personaggio di uno dei racconti de Le mille e una notte ma anche un gioco di parole, «una specie di anagramma», maturato all’interno del Lada – Laboratorio Assestment Disturbi di Apprendimento del Dipartimento di Psicologia dell’ateneo bolognese, di cui è responsabile Paola Bonifacci, ricercatrice e socia costituente della nuova cooperativa per parte Unibo. Ed è proprio Bonifacci a raccontarci il progetto «Aladin». Oltre a Paola Bonifacci, i soci della cooperativa sono Margherita Barbieri (presidente), Nicole Trambagioli (vice-presidente), Luca Bernabini e Stefania Signore, tutti formatisi all’interno del Lada.
Bonifacci, cos’è il progetto Aladin, com’è nato e perché questo spin-off?
«Il progetto era in cantiere da anni all’interno del Lada di cui sono responsabile dal 2012, ma lo abbiamo concretizzato solo a inizio luglio. Aladin è nato per offrire servizi innovativi a famiglie, scuole e istituzioni nell’ambito dei disturbi dell’apprendimento e della multiculturalità. Si tratta di una forma del tutto nuova di spin-off, che valorizza il know-how in campo psico-educativo. In particolare, la forma della cooperativa sociale ha la funzione di portare all’interno della società gli studi e le sperimentazioni condotti nelle aule universitarie, garantendo una maggior diffusione e personalizzazione delle conoscenze scientifiche, in diretto rapporto con le specificità dei singoli contesti».
Qual è il target di riferimento dei servizi che offrite all’interno di Aladin?
«I servizi si rivolgono alle famiglie, alle scuole, alle istituzioni che negli ultimi anni hanno aumentato le richieste di consulenza e assistenza sulle tante e diverse fragilità (in crescita) riscontrate nelle nuove generazioni, dall’età pre-scolare (3-6 anni) fino all’università. Si va dalla valutazione funzionale, anche plurilingue, del profilo cognitivo e degli apprendimenti diretta alla persona (età prescolare, scolare e giovani adulti) al sostegno alle famiglie con percorsi di affiancamento a studenti delle scuole di ogni grado. Proponiamo, inoltre, servizi in collaborazione con istituzioni ed enti locali per favorire la sensibilizzazione e l’applicazione di buone pratiche nell’area dell’apprendimento e in contesti di multiculturalità e per promuovere percorsi di formazione per scuole e professionisti. Infine, i servizi si rivolgono anche a soggetti del terzo settore come, ad esempio, le comunità per minori attraverso la collaborazione con gruppi socio-educativi».
In questi tempi di convivenza col Covid come saranno organizzate le vostre prestazioni?
«Anche se il contatto visivo con le famiglie è fondamentale, stiamo attivando una piattaforma online specializzata in processi di apprendimento, bilinguismo e strumenti per favorire gli apprendimenti all’interno di classi multiculturali anche attraverso video tutorial. Aladin è anche un esempio di come dalla stessa Università possano partire strategie di job placement alternative che permettano di mantenere un contatto con l’Ateneo garantendo al tempo stesso l’autonomia e la possibilità di crescita professionale degli ex alunni».
Quali sono le iniziative in partenza a cui tenete di più?
«Tra i progetti in fase di avvio ci sono quelli di identificazione precoce dei disturbi di apprendimento; laboratori nelle scuole per il potenziamento degli apprendimenti tramite mappe cognitive e laboratori di matematica; progetti per la gestione degli aspetti emotivi nella fase di rientro dall’emergenza sanitaria; video-tutorial per insegnanti e genitori per attività da condurre nel contesto famigliare/scolastico sui prerequisiti degli apprendimenti e prime fasi di apprendimento nella scuola dell’infanzia o nella scuola primaria o ancora percorsi di valutazione del profilo di bilinguismo e laboratori per il potenziamento delle competenze linguistiche per gli studenti esposti all’Italiano L2».
Prospettive per il futuro del progetto?
«Si è costituito un gruppo di giovani psicologi che attraverso le tante e varie tappe universitarie hanno, fra dottorati e assegni di ricerca e un percorso di formazione seguito da Federcoop Romagna (la sede legale è a Sant’Arcangelo di Romagna, ndr), sviluppato una competenza e hanno iniziato a lavorare all’interno della nostra cooperativa sociale. Un bel gruppo di cui io sono la responsabile e a cui spero di passare il testimone fra sei anni. L’obiettivo, insomma, è rendere piano piano questo incubatore sperimentale autonomo e con una vita propria nella speranza che la nostra esperienza pilota venga imitata da altri in una visione sistemica, coinvolgendo più istituti scolastici possibili».