Cos’è lo Speculative Design? Ce lo spiega This is not a duo.
Si chiamano “This is not a duo”, ma sono in effetti in due.
Si occupano di design dei “mondi possibili”.
Sono Nicoletta Gomboli e Giulio Bordonaro e sono qui per aiutarci a fare chiarezza sullo speculative design.
1) Cos’è lo speculative design?
Lo speculative design è una pratica progettuale in cui design critico, narrazione di realtà alternative e studi futuri si incontrano e si fondono. Quest’area emergente del design (a volte chiamata anche Design Fiction o Futures Design) vuole mettere in discussione il mondo che ci circonda e i suoi meccanismi di funzionamento, immaginando realtà alternative. Progettando oggetti e situazioni di quei mondi, lo speculative design genera in chi partecipa consapevolezza sulle questioni più attuali e facilita il dibattito e la progettazione partecipativa verso un futuro preferibile.
2) Potete farci degli esempi di speculative design?
I progetti di speculative design migliori non sono quelli che ci “azzeccano” nelle previsioni. Sono piuttosto quelli che stimolano riflessioni profonde sul modo in cui viviamo, su ciò che la società dà per scontato, sulle storture che potrebbero degenerare in futuro. L’obiettivo è suscitare domande, non dare risposte.
Ad esempio, il progetto “Planetary Personhood” consiste in una petizione per dare personalità giuridica al pianeta Marte nella sua interezza. La domanda che ci pone riguarda le logiche di colonialismo e sfruttamento che abbiamo finora adottato sulla Terra. Dovremmo replicare queste logiche anche su Marte o “possiamo essere gentili con un pianeta anche se non ospita la vita”?
Un altro progetto nato da un pensiero che ha attraversato almeno una volta la mente di ciascuno di noi, è “When We Live to 150” di Jaemin Paik. Cosa succederebbe se fosse possibile vivere fino a 150 anni? Come cambierebbe la struttura famigliare? Paik ipotizza che i rapporti famigliari potranno basarsi su contratti simili a quelli di sharing, in cui sia possibile cambiare famiglia e ricoprire ruoli differenti a seconda dell’età che si ha o semplicemente per seguire le proprie inclinazioni. Anche l’istituto del matrimonio cambierebbe drasticamente narrativa, con scadenze ogni 30 anni, offrendo la possibilità di rinnovare oppure di scindere l’unione.
3) Come distinguere quello che è un esercizio di pura fantasia da una proiezione del futuro?
Fantascienza e speculative design sono due cose molto diverse. Se la letteratura può essere una forma di escapismo verso realtà fantastiche, lo speculative design invece deve sempre riportarci alla riflessione critica su temi reali. I mondi futuri a cui diamo forma con lo speculative design devono mantenersi in qualche modo ancorati al presente.
Inoltre, nella letteratura fantasy o di fantascienza, il mondo immaginato è sempre filtrato dalla vicenda eccezionale di qualche eroe o eroina. Nello speculative design invece ci interessano di più gli indizi su quei mondi che si trovano nella vita quotidiana di persone come noi. Come saranno le nostre colazioni nel 2040? Cosa ci sarà nei cestini della spazzatura? Come giocheremo con le nostre amiche e amici?
4) Alla Design Week 2022 avete presentato un progetto speculativo chiamato proprio “Games we’ll never play”. Di cosa si tratta?
Con “Games we’ll never play” siamo partiti da una domanda: che conseguenze sta avendo sulle nostre vite il fatto di fare sempre più affidamento sulle intelligenze artificiali? Abbiamo quindi allestito una ludoteca per l’era delle macchine intelligenti, usando celebri giochi da tavolo o di società – opportunamente riprogettati – come stimolo per questa riflessione.
Nella nostra ludoteca si può giocare a “Less Who?”, una versione modificata del classico “Indovina chi?”. Questo gioco ci permette di comprendere meglio il funzionamento degli algoritmi di riconoscimento facciale e allo stesso tempo mette in discussione le categorie mentali e gli stereotipi che spesso adottiamo nell’osservare la diversità delle persone che ci circondano.
Oppure c’è “Quick Response”, un mazzo di carte francesi perfettamente funzionanti, eccetto per il fatto che il valore di ogni carta è espresso tramite un QR code univoco stampato sulla faccia. Per poterci giocare abbiamo sempre bisogno di un intermediario tecnologico che ci dica quali carte abbiamo in mano, senza cui saremmo totalmente persi.
Utilizzando la leggerezza di giochi apparentemente familiari come gancio, siamo riusciti ad allentare le remore nei confronti di un argomento ostico per i più e stimolare nelle persone delle riflessioni sulla nostra dipendenza dalla tecnologia e su alcuni tic, paure e limitazioni umane.
5) Lo speculative design si occupa anche di ambiente e sostenibilità?
Ogni progetto di speculative design dovrebbe porre l’accento su un tema rilevante per la propria comunità, quindi non dovrebbe sorprendere che tanti designer decidano di riflettere criticamente sulla crisi climatica che viviamo e che impatterà ancor di più sulle nostre vite future.
Ad esempio, tutta l’esposizione della XXII Triennale “Broken Nature” del 2019 era incentrata sui tentativi per “riparare la natura” da parte di artisti, progettiste, comunità. Assieme a progetti più concreti, c’erano anche visioni, riflessioni e proposte più speculative, utili per mettere a fuoco un aspetto particolare del problema.
Uno di questi progetti, “Anatomy of an AI system” di Kate Crawford and Vladan Joler, metteva in luce l’enorme quantità di risorse necessarie a sostenere l’industria dell’intelligenza artificiale (AI) e l’impatto ambientale e sociale in tutto il ciclo di vita: partendo dall’estrazione dei metalli rari, si passa al consumo di energia elettrica, ma anche al lavoro di una miriade di crowd-workers sottopagati, per concludersi con lo smaltimento problematico dei rifiuti elettronici.
Un altro progetto che va avanti da diversi anni è “Mitigation of shock” di Superflux. Qui vengono allestiti degli appartamenti di un 2050 in cui le conseguenze della crisi climatica saranno molto più pressanti sulle nostre vite domestiche. Le persone possono quindi visitare questi appartamenti, sbirciando i dorsi dei libri sugli scaffali, osservando gli impianti di coltivazione idroponica indoor e immedesimandosi nella vita di una famiglia comune. Quello immaginato è uno scenario abbastanza pessimista, ma lascia qualche spiraglio di speranza nella nostra capacità di attutire questo shock, se ci attiviamo fin da oggi.
6) Com’è nato l’interesse per questa branca del design?
Siamo finalmente arrivati alla consapevolezza che il modo in cui abbiamo manovrato la “Nave spaziale Terra” fino al XX secolo è insostenibile e miope. Dobbiamo dare una sterzata il prima possibile, servono idee radicali e geniali per l’umanità in tutti i campi.
Lo speculative design favorisce la generazione di idee del genere. Per questo negli ultimi anni sta attirando l’attenzione di tante organizzazioni, designer e comunità.
Per noi due personalmente, la scintilla è scattata quando abbiamo iniziato a riflettere più criticamente sul nostro ruolo come designer nella società. Lontani dai trionfalismi del “design che salva il mondo”, abbiamo deciso di ampliare le prospettive della progettazione, sia in senso spaziale che temporale, per essere designer in un mondo complesso.
Se è vero come dice Robert Montgomery che “the future is an invisible playground” (“Il futuro è un parco giochi invisibile”), anche questo gioco di mettere le mani nel futuro con lo speculative design, allargando le maglie del pensiero, può essere un buon modo per contribuire alle cause che ci stanno a cuore.